Notizie Radicali
  il giornale telematico di Radicali Italiani
  lunedě 04 aprile 2005
 Direttore: Gualtiero Vecellio
In margine ad un compleanno. Marco o della differenza

di Francesco Pullia

Hanno provato in tutti i modi a ricondurlo nell’ambito di uno schema interpretativo, fallendo sempre miseramente. E non poteva essere diversamente perchĂ© Marco Pannella, che oggi compie settantasei anni, per sua natura rifugge dalla codificazione e dal raggruppamento. Si potrebbe azzardare, con un vezzo di enfasi semiologica, di definirlo un insieme di significati che oltrepassa di gran lunga il significante. Ma sicuramente anche questo approccio ermeneutico risulta insufficiente, limitato e limitativo perchĂ© lui, il grande maieuta che della parola è insieme padrone e umile servitore, rappresenta, anzi incarna, l’ al di lĂ  della parola. E’ un al di lĂ  perchĂ© oltrepassa il dire e nella sua straripante eloquenza riesce ad esprimere ciò che il linguaggio non riesce a contenere. Dietro ogni linguaggio trapelato si cela, infatti, sempre un margine di silenzio, di inespresso (ma non per questo inesprimibile) con cui solo pochi hanno confidenza. Si sa che ai poeti, se epici e cantori di una sensibile evidenza che, per il suo carattere sfolgorante e rivelativo, sfugge alla banalitĂ  dello sguardo, spetta questo compito. Ma il percorso e il destino della poesia, e di chi affida ad un verso la complessitĂ  della vita, è di una estrema solitudine, sia nel pianto che nell’intensitĂ  di un attimo di gioia. Marco, invece, nel suo essere al di lĂ , nonostante sia profondo conoscitore e sperimentatore di questo destino, non può relegarsi alla solitudine perchĂ© innanzitutto è voce. E la voce non presuppone necessariamente un’intima costituzione eterea, un moto che si dissolve nell’aria, nell’emissione. Può, al contrario, indicare uno scavo, un solco, una traccia incisa nell’animo e, per questo, votarsi non alla dissoluzione ma all’eco.

In un paese in cui la politica coincide con la retorica, con l’affettazione e l’imbalsamazione dello stantio e, quindi, con l’impietosa perdita di eco, Marco è differenza perchĂ© sfugge alla omologazione e oltrepassa le penose strettoie del ripetuto, del reiterato, ponendo sempre e in ogni istante un’aggiunta, un elemento innovativo che rispetto alla consueta discorsivitĂ  si annuncia come scarto, cesura, un battito improvviso che ci costringe ad uscire dalla mediocritĂ  per metterci nella condizione, essenziale per la democrazia, dell’ascolto.

E’ proprio della nonviolenza trovare i tempi e i modi per affidare questo scarto ad un verbo che in sĂ© sia azione, si faccia cioĂ© tensione, rivolgendosi senza infingimenti ad un tu e costringendolo ad una risposta, a farsi operativo. E non a caso Marco, almeno in ambito europeo, da quarant’anni è della nonviolenza l’espressione piĂą alta.

Sa, per averne fatto esperienza, che la contraddizione (il contrad/ dire) non è negazione ma feconda riserva di antitesi e felice pre-visione di altro. Ecco perchĂ© non ha stasi e mantiene costantemente la forza della dirompenza, riconoscibile nel suo sottrarsi all’amalgama, all’amorfico e brutale appiattimento della mediocritĂ  condivisa. Credo che Pasolini, nel suo testamento lasciato ai radicali, volesse rimarcare proprio quest’aspetto.

E adesso è come ieri. Mutano inevitabilmente le fattezze, la fisionomia, ma resta questa capacitĂ  di discendere nella profonditĂ  senza smarrire mai l’obiettivo che sta al di lĂ  della superficie e ci riguarda, ci interpella, ci investe. Ogni giorno che passa ci accorgiamo di quanto ci sia bisogno, nell’indifferenza generale, di questa saggia differenza, di quanto il suo parlare scardini la costrizione della parola per schiudere le menti ingrigite, immiserite da un moralismo sprezzante di moralitĂ . La sua lotta riscatta la vita dall’infamante torpore della morte, dell’acquiescenza.    Â